Bucare una protesi con una puntura a livello del capezzolo è teoricamente possibile se non si presta molta attenzione. Tuttavia non è così facile che ciò accada perché di solito a livello dell’areola, anche nei seni più piccoli, è presente un po’ di tessuto ghiandolare che “protegge” l’impianto. Inoltre le iniezioni di anestesia locale si praticano generalmente con ago tangente alla pelle (e non perpendicolare) e in un piano piuttosto superficiale. Ad ogni modo, anche ammesso che il guaio sia stato fatto, non è detto che si manifesti subito un problema. Il singolo foro di un ago non provoca generalmente grandi spandimenti di silicone come una lacerazione dell’involucro post trauma. E’ più probabile che si verifichi una lenta perdita di silicone nello spazio peri protesico tra il guscio della protesi e la capsula connettivale (un foglietto di tessuto che l’organismo normalmente forma attorno all’impianto). Un problema come l’alterazione della forma o l’indurimento del seno può quindi manifestarsi a distanza di mesi o anni. Allora come procedere? Per prima cosa è indispensabile sottoporsi immediatamente a visita specialistica per una prima valutazione della situazione. Il medico potrà richiedere un primo accertamento strumentale, di solito un’ecografia mammaria. Nei casi dubbi è opportuno eseguire una risonanza magnetica, metodica più precisa nel valutare il guscio protesico ed eventuali spandimento di silicone. Una volta fatta diagnosi (rottura o meno) è possibile programmare l’eventuale intervento di sostituzione.